mercoledì 26 settembre 2012

Il ritorno veneziano del Cavaliere Berlusconi

Le retour vénitien du Cavaliere Berlusconi

L’ex premier italiano a Venezia si è concesso un “giro di riscaldamento” mediatico in vista del suo futuro rientro politico.
Ha ripreso a sommergere giornali e televisori: il Cavalier Berlusconi non riesce a rimanere fuori dagli spot e dalla comunicazione mediatica troppo a lungo. Così domenica scorsa ha presentato il suo show di rientro dalle vacanze, in serata, su una nave da crociera, ormeggiata nel porto di Venezia e destinata a scendere lungo l’Adriatico fino a Bari. Il motivo? Una raccolta di fondi di 1 500 euro a persona  per il quotidiano Il Giornale, di cui è proprietario.
Eccolo quindi fare la sua apparizione in un ambiente protetto e chic, mostrando un volto serio e contratto, con la sua voce quasi metallica, vestito con un abito scuro adatto a nascondere le sue rotondità, e sempre, naturalmente, con i suoi capelli tinti di rosso scuro e super impomatati, oltre al suo solito trucco “da crociera”, se così si può dire, a base di fondotinta marrone scuro. Ma l’entusiasmo c’è ancora?
Non lo sappiamo. Probabilmente sì. Ma ciò che è certo è che l’uomo che ha condizionato per quasi vent’anni la politica italiana non ha, a quanto pare, imparato molto della sua esautorazione dal potere nel novembre 2011. Riprende infatti le sue solite litanie populiste: in primo luogo contro l’Europa, poi  contro Angela Merkel, contro il trattato fiscale che blocca la crescita, contro l’IMU, l’imposta sulla prima casa introdotta dal governo Monti e che permetterà di incassare quest’anno una ventina di miliardi.

“Il ritorno nell’arena”
Ma il rigore dei conti e la stabilità finanziaria ed economica dell’Italia non sono mai stati la preoccupazione principale di Silvio Berlusconi. Egli conosce l’impopolarità della nuova imposta, che risulta in un carico fiscale  medio di mille euro l’anno per famiglia, e, come sempre, con la sua consueta demagogia, culla l’idea della sua abolizione.
Ecco quindi gli assi della futura “discesa in campo “del Cavaliere: cavalcare l’onda del risentimento antieuropeo e la demagogia dell’eliminazione di una tassa che colpisce il “pilastro portante della famiglia”, vale a dire la casa. Non dimentichiamo che l’80% degli italiani sono proprietari di casa, una delle percentuali più alte dell’Unione europea.
Non manca davvero molto a Silvio Berlusconi per dichiarare la sua “disponibilità” a guidare la lista del Partito delle Libertà alle prossime legislative nel marzo 2013. Diciamo che il discorso di Venezia è stato un riscaldamento per il prevedibile ritorno del grande populista: mancava solo lui nel campo politico italiano dopo Grillo, la Lega, Di Pietro e Matteo Renzi.

Contro l’Europa, le tasse e il comunismo
Renzi? E’ il contestatore interno del segretario del Partito Democratico: anche lui su una linea populista, si candiderà contro il segretario generale Bersani alle primarie di ottobre. Attualmente pare accreditato del 25% dei voti, ma la cifra è destinata a crescere con il suo giro d’Italia in camper e i suoi  slogan tipo “Fuori i vecchi”, “Largo ai giovani”, nonostante l’assenza totale di un progetto. Non è un caso che durante la serata veneziana è stato citato da Berlusconi come un uomo di spicco, che “difende le stesse idee del Partito della Libertà”.
Se vince le primarie del PD, dice Berlusconi, vorrà dire che il PD ha davvero smesso di essere comunista. E, implicitamente, si intuisce cosa spinge il Cavaliere a spalleggiare Renzi: così come sa che probabilmente non vincerà le primarie (ad oggi questa è l’opinione generale del centro sinistra) sa anche che, con la scelta di Bersani a capo lista e quindi come candidato primo ministro, in caso di vittoria della sinistra, potrà rispolverare i suoi soliti argomenti contro la “minaccia comunista”.
In sostanza, i suoi omaggi a Renzi, in realtà servono obiettivamente a Bersani, screditando il primo agli occhi dell’opinione pubblica di sinistra, e confermano che il nostro uomo ben presto dichiarerà ufficialmente la sua ambizione di ridiventare primo ministro. Contro l’Europa. Contro le tasse. E contro il comunismo …

lunedì 24 settembre 2012

Quando la politica italiana viene investita dal populismo

Quand les populismes frappent la politique italienne

di Marcelle Padovani
Pubblicato in Francia il 9 settembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero

Mai come nel 2012 il populismo è stato così potente in Italia. Analisi di un pericolo che mette in subbuglio il Paese.


L’Italia sta subendo gli scrolloni violenti del populismo. Un’ideologia basata sull’idea che il leader debba essere eletto direttamente dal popolo. Tutto è iniziato con la Lega Nord, negli anni ’90. Umberto Bossi si fa avanti nella scena politica con la sua proposta di secessione, cioè il distacco dell’Italia ricca e produttiva (quella del Nord) dall’Italia povera e parassita (quella del Sud), e dichiara guerra all’Europa sovrana (e ai suoi diktat).
Dalle elezioni del ‘94 in poi, la Lega è al governo in Italia. Forza Italia si presenta al suo fianco, come un movimento antipartitico, anti “prima Repubblica”, dalle tendenze manageriali. Ai suoi inizi, Forza Italia non è esente da accenti populisti che sono rimasti tali con il tempo. Il “capo” fa appello al buon senso della “gente” contro i “protagonisti” della politica, scegliendo demagogicamente di nascondere la verità agli italiani: la verità della crisi viene celata alla gente comune, come la realtà dei conti dello Stato. Quando il berlusconismo era ormai alla fine, l’anno scorso, un vecchietto dal viso tutto imbellettato continuava ancora a raccontare barzellette a un pubblico cieco e consenziente.


La discesa in campo di Italia dei Valori
Ma il populismo non arresta la sua corsa. Nel 1998 prende forma Italia dei Valori. Il partito nasce dall’ingresso in politica del magistrato Antonio Di Pietro. C’è una tale demagogia nell’aria che Italia dei Valori inserisce nel suo programma una vasta operazione di pulizia morale. “Sortez les sortants” [“Fuori gli approfittatori” versione moderata del “Vaffa” di Grillo, N.d.T.]era la formula usata con successo dal movimento poujadista nella Francia degli anni ’60. Di Pietro sogna di mettere le manette alla maggior parte della classe politica: il suo progetto però non fa molta strada. Con i suoi accenti anti governativi e il suo desiderio di pulizia, attira solo una parte dell’elettorato di sinistra, giustificando così la sua alleanza con il PDS, erede del comunismo.
Di Pietro viene eletto con grande successo in un collegio dell’Italia centrale, in cui la sinistra governa già da decenni. Ma la sua demagogia, il suo rifiuto di assumersi le proprie responsabilità e di appoggiare il governo Monti, hanno fatto precipitare di nuovo l’IdV nel limbo dei partiti poco affidabili, con la conseguente inevitabile rottura con il centro sinistra.


Il pericolo esiste anche a sinistra
Il movimento “5 stelle” si afferma alle elezioni amministrative della scorsa primavera. Il programma, portato avanti dal comico Beppe Grillo, si può riassumere in una serie di insulti, di espressioni volgari e linguaggi violenti. Grillo vince in tre comuni (tra cui Parma) e ottiene risultati che raggiungono il 20% dei consensi. Grillo è chiaramente anti-Monti, anti-sacrifici e anti-europeista.
Il populismo ha raggiunto il suo culmine. All’interno del Partito Democratico, Matteo Renzi, sindaco di Firenze, manifesta apertamente il suo dissenso nei confronti dei dirigenti del suo partito, chiedendo un “cambiamento generazionale”. Ottiene un chiaro successo tra i media e probabilmente riuscirà a spuntarla alle prossime “primarie” grazie alle sue proposte moderate. Il pericolo esiste anche a sinistra. Se, per uno strano calcolo, sommassimo insieme tutti i populisti della Penisola, si otterrebbe una maggioranza del 60%. Ma per fare cosa una volta al governo? Nessuno lo sa. Tantomeno i vari leader.

mercoledì 19 settembre 2012

Anche il Ponte di Rialto vestito di pubblicità


Italie: bientôt de la publicité sur le pont du Rialto
Pubblicato in Francia il 19 settembre 2012


Il ponte di Rialto ha bisogno di restauro

Venezia ha bisogno di soldi: è urgente. La città dei Dogi è alla ricerca di uno sponsor in grado di finanziare una campagna sul Ponte di Rialto, uno dei più famosi di Venezia, vicino alla stazione dei vaporetti che smista i turisti in attesa sui pontili. Il cartellone pubblicitario, che potrà essere esposto sul Rialto avrà alcune limitazioni rispetto al "decorum" del monumento del XVI secolo, potendo coprire al massimo 150 mq. In cambio, lo sponsor dovrà restaurare il ponte, il più antico tra quelli che attraversano il Canal Grande: un restauro che costerà tra i 5 e i 7 milioni di euro, secondo una stima di Venezia Today.
Venezia ha già avito a che fare con gigantesche campagne pubblicitarie, che hanno sfruttato i suoi tesori architettonici, soprattutto dopo l'arrivo del l'attuale sindaco, Giorgio Orsini, che ha abolito una serie di precedenti limitazioni per la pubblicità (in particolare il divieto di sfruttare le superfici dei più grandi monumenti, permettendo l’affissione solo sui monumenti secondari). Nel 2010, la Coca-Cola aveva ottenuto di poter esporre i sui giganteschi cartelloni pubblicitari sul Ponte dei Sospiri e a Piazza San Marco. Le gondole [di fatto]passavano sotto un ponte di cartone.

Il Ponte dei Sospiri "rivestito" di pubblicità

Ma in tutta Italia, avere a che fare con campagne pubblicitarie per l'abbigliamento o altri prodotti, sfruttando le facciate rinascimentali è diventato luogo comune, dice La Repubblica. Tutte le città sono scese in campo, come recentemente Roma, che ha concesso l'autorizzazione a Tod’s di esporre pannelli pubblicitari sul Colosseo in cambio del finanziamento di € 27 milioni per il restauro del monumento.
In Francia, come abbiamo spiegato in un articolo del 2011, a seguito di un decreto dell’aprile 2007, l’esposizione di pannelli pubblicitari è consentita sui monumenti storici, a patto che sia installato su un ponteggio già previsto per lavori di manutenzione: “I ricavi pubblicitari devono essere utilizzati esclusivamente per finanziare questi lavori. Il tutto è regolamentato dalla Direzione Regionale degli Affari Culturali (DRAC). "Lo spazio pubblicitario non può superare il 50% della superficie totale della superfice", dice Dominique Cerclet, curatore regionale dei monumenti storici. "Ci piacerebbe anche dare delle indicazioni agli sponsor per indirizzarli verso qualcosa di più creativo, affinché la pubblicità esposta sia diversa dalla solita campagna pubblicitaria."

Il Louvre e i cartelloni di Breguet

Il Louvre ospita da tempo una grande campagna pubblicitaria del marchio Breguet già patron del museo. "La nostra priorità è la conservazione del patrimonio, il denaro per noi è solo uno strumento. E l'occasione è nata di questa legge", ha spiegato il Louvre a Slate.
In Italia, Athos De Luca, deputato del PD, che ha tenuto una relazione sul tema, afferma che le città, non solo permettono ai pubblicitari di sfruttare il patrimonio, ma lo mettono anche in vendita. Essi concedono il permesso di esporre cartelloni pubblicitari a prezzi ben al di sotto di quelli che dovrebbero essere. Gli sponsor approfittano quindi della urgente necessità urgente di restauro in Italia.

In Italia i politici scherzano sulla fuga dei cervelli

En Italie, les politiques s’amusent de la fuite des cerveaux
Di Flora Zanichelli

Pubblicato in Francia il 14 settembre 2012
Tradotto da Claudia Marruccelli


Com‘è difficile oggi essere un giovane italiano. Non solo per la situazione economica della penisola, dove la disoccupazione dei i giovani di età compresa tra 15-34 ha raggiunto il 35%, ma anche per la durezza delle osservazioni formulate nei loro confronti. Viene da chiedersi se il governo misuri l'entità del fenomeno, basandosi sulla disoccupazione e sulle fughe all'estero.In un post del suo blog sul Fatto Quotidiano il ricercatore accademico Alessandro Ferretti si dice indignato per una frase del Ministro per lo Sviluppo Economico e le Infrastrutture, Corrado Passera, in occasione di un incontro con i giovani dell’UDC: "La fuga dei cervelli è soprattutto una buona notizia: significa che abbiamo dei cervelli ... e se ce li portano via, vuol dire che abbiamo buone scuole". Mi sono ricordata di un paio di simpatici napoletani che avevo intervistato lo scorso aprile mentre stavano ultimando di preparare le proprie valigie prima di andare oltre oceano. Io non credo che sarebbero stati d'accordo nell'uso dell’espressione "buona notizia".


"Ossessionati dal posto fisso"Antonio e Sole ora sono in California. Ma è soprattutto perché Sole, ricercatrice di biologia molecolare, non avrebbe mai trovare lavoro in Italia. E perché Antonio, che ha lavorato a lungo nel settore dell’organizzazione di eventi a titolo gratuito. Quello che il ministro Passera ha dichiarato non è del tutto diverso da quanto affermato dal Ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, nel mese di febbraio: "Noi italiani, siamo ossessionati dal concetto di posto fisso, possibilmente vicino a mamma e papà". Le fa eco il vice ministro del Lavoro, Michele Martone che, con una battuta aveva dichiarato nel mese di gennaio: "Dobbiamo iniziare a lanciare nuovi messaggi culturali. Dobbiamo dire ai giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni, sei uno sfigato [...] e che essere secchioni va bene, almeno significa che hai fatto qualcosa». La "battuta“ aveva causato una serie di contestazioni. Soprattutto, dal momento che era lungi dal riflettere il punto di vista di giovani italiani.


Precari a tempo indeterminatoIn sette anni, il numero di laureati (laurea triennale) che si sono trasferiti all'estero per lavoro è aumentato del 40%. Secondo Demos Coop (maggio 2011), il 30% dei giovani ambisce a un posto di lavoro fisso. Per il restante 70%, il posto fisso non è una priorità. Inoltre, il 65% dei giovani lavoratori considera il proprio lavoro come precario o temporaneo. Il 60% pensa di cambiare lavoro entro l’anno. E sei persone su dieci ritengono che per ottenere un lavoro adeguato alle proprie competenze o per fare carriera di essere disposti a lasciare l'Italia. In un articolo che propone queste cifre pubblicato su “La Repubblica”, il ricercatore Ilvo Diamantis ha scritto: "Non è ben chiaro cosa sia accaduto ai giovani. Sono diventati, inaspettatamente, impopolari”.

I giovani, un potenziale economicoNel suo post, Alessandro Ferretti ha citato i seguenti dati, evidenziando la "perdita" economica registrata dal governo italiano, anche se a corto di denaro: "La perdita di fatturato dei primi ricercatori emigrati è pari a un miliardo di euro l'anno, per non parlare di uno spreco di migliaia di euro pubblici, investiti nella crescita e nella formazione dei futuri "fuggitivi". "In un articolo pubblicato questa volta sull’Espresso, il giornalista Massimo Cacciari ha così riassunto: "Come lavorano il 60% dei giovani "fortunati" che hanno un posto di lavoro? Nella maggior parte dei casi inventandoselo. Piccoli imprenditori, lavoratori autonomi nel settore dei servizi, qualsiasi tipo di freelance. Ci dovrebbe essere una politica del lavoro capace di regolamentare queste nuove forme di imprese, e scommettere sulla loro crescita. "La legislazione in vigore per il momento è assente, la battaglia principale del Ministro del Lavoro si concentra sulla riforma dell'articolo 18, che facilita i licenziamenti.

Paese di migrantiDi storie di giovani precari l'Italia è piena. Un mio amico ha appena aperto un’agenzia pubblicitaria. Lavora da casa, o meglio dai suoi genitori perché non può permettersi un appartamento a Roma. Ogni contratto è una piccola vittoria da godersi. A 30 anni, fa parte di questa categoria soprannominata i "bamboccioni", che spesso in Francia si traduce in senso peggiorativo come "Tanguy all’italiana" [“Tanguy” è una commedia romantica francese del 2001, nel 2006 è stato realizzato il remake americano col titolo “A casa con i suoi” ndt]. Ha una fidanzata che presto terminerà i suoi studi in psicologia. Pensano entrambi di trasferirsi ad Amsterdam. Sua sorella, che vive a Maastricht, darà loro una mano. "Siamo sempre stati un paese d’immigrati" lo ripetono come una sorta di fatalità. Se riescono a trovare un lavoro all'estero, devono allora smettere di lamentarsi, di rimpiangere la famiglia e gli amici, o un paese che non ha fatto nulla per trattenerli. Dopotutto, trovare un lavoro, questa è la buona notizia, no?

venerdì 14 settembre 2012

Marco Bellocchio: “L’Italia è cinica e depressiva”

Marco Bellocchio : "L'Italie est cynique et dépressive"

di Aureliano Tonet
Pubblicato in Francia il 7 settembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero


Con “Bella Addormentata” presentato alla Mostra del Cinema di Venezia mercoledì scorso, Marco Bellocchio perfeziona il suo ritratto dell’Italia, iniziato con il suo primo lungometraggio “I pugni in tasca” del 1965. Il film si svolge nel febbraio del 2009, quando il paese è lacerato sulla sorte di Eluana Englaro, in coma vegetativo dal 1992 a seguito di un incidente d’auto. Dopo una lunga battaglia legale, suo padre ottenne il diritto di interrompere il sistema di alimentazione forzata che la teneva in vita.
Questa vicenda drammatica realmente vissuta funziona da catalizzatore nella finzione immaginata da Bellocchio, in cui i personaggi, uno ad uno si svegliano dalla propria catarsi, man mano che l’agonia di Eluana si avvia verso la fine. Un film di rara precisione, che alla fine colloca il regista, oggi 72enne, tra i più lungimiranti osservatori dell’evoluzione sociale italiana.

Alcune manifestazioni di dissenso hanno segnato la presentazione di “Bella addormentata”. Se lo aspettava?
Secondo i manifestanti, con il mio film avrei ucciso una seconda volta Eluana. E’ terribile quanto affermano, una frase che viene pronunciata in nome dell’amore, tipico dei cristiani. Tuttavia si tratta solo una piccolo numero di cattolici italiani poco tolleranti. Era già successo nel 2009: solo qualche attivista era arrivato in corriera a Udine, al capezzale di Eluana. Il grosso delle discussioni tra laici e cattolici era stato già effettuato attraverso i media.

Eluana è morta il 6 febbraio 2009. Perchè ha atteso tre anni prima di realizzare il film?
Bella Addormentata nasce dalla mia ammirazione per Bepino Englaro, padre di Eluana, una persona discreta, che per molti anni ha lottato da solo, rifiutando sempre ogni strumentalizzazione. Quando ho iniziato a lavorare su questa vicenda, ho creduto di esserne troppo coinvolto, ho lasciato quindi passare un po’ di tempo per poter poi lavorarci su con maggiore distacco.


Il suo film colpisce per la sua grandezza e musicalità
Mi piace circoscrivere nel tempo le mie storie. Due giorni nel film “L’ora di religione” del 2002, qui sei giorni. La geografia del film viceversa è molto vasta: Udine, Roma, il Piemonte, la Toscana… Con questa varietà di luoghi sentivo nel mio inconscio che avrei potuto parlare di tutta l’Italia.

E’ lei, [l’Italia], la “bella addormentata” del titolo?
Diciamo che è la maggior parte dei personaggi che si sveglia o si risveglia: il senatore che si oppone al proprio partito, sua figlia che trova l’amore, una donna che rinuncia a suicidarsi... Ad un certo punto, uno di loro afferma che l’Italia è un paese cinico e depresso, proprio quello che penso anch’io. La classe politica manca di senso civico, i giovani di entusiasmo. Ognuno pensa a sé. La disperazione affossa il nostro presente e ci impedisce di immaginare un futuro.

In tutto il film appaiono schermi televisivi. Secondo lei quanto ha contribuito la televisione alla depressione italiana?
La televisione ha sconfitto il cinema, ed io ne sono testimone. Quando ho iniziato il cinema era una forza indipendente, incuteva paura e dava scandalo. Oggi l’Italia produce solo film di cassetta, legati a puri scopi commerciali. Esiste solo una manciata di autori ,che sopravvive come se vivesse in una riserva.

Nonstante la sua forma corale, il film appare di carattere impegnato
Io non mi fido delle posizioni prese per principio, a priori, ma non credo alla neutralità nell’arte e i miei film riflettono le mie idee. In fondo assomiglio al personaggio del senatore, interpretato da Tony Sorvillo. Mi riconosco nella sua fragilità, nelle sue incertezze, nella sua moralità, nell’attenzione che rivolge a chi lo circonda.

Perchè gli ha fatto rivestire la parte di un iscritto a Forza Italia?
Dopo lo scioglimento del partito, molti ex socialisti, non fidandosi dei comunisti, hanno scelto il campo di Berlusconi, con la speranza di cambiarlo dall’interno. Tra di loro c’erano persone oneste/serie, proprio come questo personaggio.

In una scena iniziale del film un flash televisivo mostra le difficoltà finanziarie che turbano l’Italia. Lei ha subito la crisi [economica italiana]?
Gli artisti non hanno subito il taglio degli stipendi, sono solo stati ridotti di numero. Per esempio, il gruppo Mediaset ha diminuito i suoi investimenti nel cinema. Ma, malgrado la recessione, la RAI ha co-prodotto il film e noi siamo stati in grado di girare con un’ampia disposizione di mezzi. Vede l’Italia è un paese pieno di contraddizioni. Per esempio gli studi di Cinecittà gestiti in maniera disastrosa in passato, se vogliono resuscitare devono reinventarsi e liberarsi dal proprio passato. Restare legati a Fellini, Ben-Hur, Quo Vadis li porterà al fallimento totale.

Questa è una situazione simile a quella del giovane attore di “Bella Addormentata”, che vive all’ombra della madre, una famosa attrice ormai al tramonto...
E’ in una posizione precaria, deve farsi un un nome nonostante la presenza della madre che considera la sua vocazione una maledizione. Ironicamente nel casting sono presenti tre “figli d’arte”: quello di Ugo Tognazzi, di Michele Placido e mio figlio Pier Giorgio. Tutti e tre devono dimostrare di avere talento e smentire chi sospetta che abbiano goduto di privilegi.

I personaggi del suo film spesso sono in contrasto con il gruppo a cui appartengono: lavoro, famiglia, partito...
E’ una situazione che considero normale. Mi piace immaginare personaggi che non accettano di essere ridotti ad un ruolo passivo, e che invece si scontrano con l’ordine precostituito.

E’ per questo che nei suoi film spesso si incontrano personaggi folli?
La follia è una forma perdente di ribellione. E’ una rivolta con cui a volte posso anche trovarmi d’accordo, ma è talmente disperata che è destinata a fallire.


giovedì 13 settembre 2012

Un Europa senza tabacco?

Une Europe sans tabac est encore loin malgré les progrès

di Florian Tixier
Pubblicato in Francia il 9 settembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli


Cosa contiene una sigaretta
Il 5 settembre scorso, i tabaccai francesi hanno coperto con un lenzuolo bianco i loro distributori di sigarette, dando inizio all’'operazione denominata "tabaccai generici", con cui intendono mettere le mani avanti contro il governo che dovrebbe presentare entro la fine di settembre, il piano anti-fumo. Il piano prevede un aumento delle tasse sulle sigarette dell'ordine del 6% e forse anche sul tabacco sfuso. Ma il ministro della Salute, Marisol Touraine, aveva già dichiarato lo scorso luglio, su BFM-TV, di voler anche "battersi, soprattutto a livello europeo, per garantire l’avvio di una legislazione verso un pacchetto anonimo, vale a dire un pacchetto senza marchi, che non sia attraente, seducente ." La Commissione europea è sulla stessa lunghezza d'onda. L'esecutivo UE sta prendendo in considerazione l'imposizione di un pacchetto di sigarette "neutrale". Bruxelles si prepara per l'autunno con una proposta di revisione della normativa europea in materia di tabacco, invitando i paesi dell'Unione Europea a imporre pacchetti di sigarette anonimi.

L'esempio dell’AustraliaQuesti annunci spuntano a seguito di una decisione del tribunale australiano, che ha respinto un ricorso dei produttori di tabacco locali che contestavano la costituzionalità della legge che impone i pacchetti neutri, tutti dello stesso colore, senza marchio o logo, e recanti dei messaggi. La normativa australiana entrerà in vigore in questo paese nel mese di dicembre 2012.
In Francia, dall'aprile 2003, sui pacchetti di sigarette accanto ai soliti messaggi di avvertimento, come ad esempio "il fumo uccide", vengono stampate foto raccapriccianti che mettono in guardia i consumatori circa i rischi per la propria salute. In realtà, la Francia aveva semplicemente applicato una disposizione europea, con diversi anni di ritardo rispetto ai suoi vicini europei.


Giornata Mondiale contro il tabagismo
 I britannici tergiversanoIn Europa, il Regno Unito è stato un pioniere in questo ambito. Dal 1 ° ottobre 2008, gli inglesi hanno reso obbligatorie queste immagini sui loro pacchetti di sigarette come deterrente, invece dei soliti avvertimenti scritti. Dal momento che, le lobby anti-fumo sono molto potenti al di là della Manica, si prevede che i pacchetti saranno anonimi e tutti di colore marrone o bianco.
Il precedente governo laburista aveva approvato una legge che obbliga la vendita delle sigarette, solo nelle tabaccherie, come avviene in Francia. Senza mettere in discussione questa legge, i conservatori, oggi al potere, non hanno ritenuto necessario garantirne l'attuazione.
"Anche se il governo ha riconosciuto che la legislazione era necessaria, è difficile capire perché la sua attuazione sia stata ritardata," ha dichiarato sorpreso il professor John Britton, presidente della Tobacco Advisory Group.

In Belgio l’eleganza vince sulla pauraDai nostri vicini belgi, in cui la normativa è stata applicata già due anni fa, è stata diffusa una strategia che contrasta le immagini choc. Astucci cartonati adattati al formato dei pacchetti di sigarette e venduti per importi relativamente modesti (tra i 50 centesimi e 1 euro), che permettono ai fumatori di nascondere le immagini sgradevoli presenti sui normali pacchetti, personalizzando il proprio pacchetto con un tocco di umorismo. I creatori di questi sovra-pacchetti eludono la normativa UE, e negano di volersi arricchire a spese delle riforme speculando sulla faccenda. Il loro unico obiettivo: abbellire i pacchetti. Ma non sembra un po’ … fumoso?

Effetti relativi in SpagnaSono passati due anni da quando è diventato obbligatorio inserire su i pacchetti di sigarette spagnoli immagini che avvertono i fumatori dei rischi del fumo. Nel 2004, anche la Spagna ha accolto la convenzione-quadro dell’OMS, in cui dal 2008 è inserita una linea guida sull'uso di avvertenze con immagini, che dovrebbero essere più efficaci di quelli effettuate solo in base a messaggi scritti. Secondo un sondaggio del 2011 "Eurobarometro", il 26% degli europei ritiene che i messaggi utilizzati attualmente aiutino a smettere di fumare, e il 62% ritiene che l'aggiunta di foto sarà più efficace. Tuttavia, secondo uno studio condotto da alcuni ricercatori delle Università di Granada e delle isole Baleari, che hanno analizzato l'effetto di queste foto sui fumatori, è stato rilevato che esse si sono dimostrate molto meno impattanti e alcune sono state considerate persino piacevoli (!). Delle 35 immagini usate in Spagna, solo 6 sono state valutate "positive" dal campione di intervistati.
Locali separati per fumatori e non fumatori in Austria

Misure ridotte?Finora, nessuna ricerca ha stabilito una correlazione tra l'aspetto delle immagini e un’eventuale riduzione del numero di fumatori. Bisogna dire che, più in generale, le politiche anti-fumo non hanno lo stesso grado di coercizione nei paesi europei. L'aumento del prezzo del tabacco sembra essere l'unica misura con un impatto reale sul consumo negli ultimi anni. Clienti e fornitori brontolano, ma le associazioni anti-fumo vi ravvedono ognuno il proprio tornaconto: meno fumatori per le prime, tasse più alte per l’altro.

Luoghi pubblici liberi dal fumoIn dodici paesi dell'UE, in genere è vietato fumare nei luoghi pubblici o sui posti di lavoro. In tre di loro - Irlanda, Regno Unito, Cipro - il divieto è assoluto e inderogabile. In altri - tra cui Francia, Italia, Spagna, Paesi Bassi - bar e ristoranti possono prevedere un locale separato e ventilato secondo norme più o meno severe (tali norme sono molto severe in Francia). Ma in altri quindici Stati - tra cui Germania, Austria, Belgio, Danimarca - il divieto è solo parziale.

Esistono ancora "paradisi per fumatori"?Così, in Germania, con l'eccezione della Baviera, ristoranti e bar possono dotarsi di aree fumatori. Anche in Austria le zone riservate ai fumatori sono comuni, come nei famosi caffè viennesi. Sul posto di lavoro, alcuni paesi sono abbastanza permissivi. In Danimarca, le stanze riservate ai fumatori sono previste soprattutto per chi lavora da solo. In Germania la normativa precisa soltanto che i datori di lavoro devono adottare misure per la protezione dei non fumatori.

Pacchetti di sigarette ... "illustrati"

Nessun effetto molto evidente di misure restrittive ...Risulta dal sondaggio Eurobarometro 2012, che nell'Unione Europea i fumatori sono aumentati del 28% in quindici anni. Erano il 29% nel 2009 e 32% nel 2006. Nel 2012, la Francia è esattamente nella media europea con il 28% dei fumatori. Essi sono solo il 26% in Germania che tuttavia è ancora più permissiva, ma in tre anni, il numero dei fumatori è diminuito molto di più in Francia che al di là del confine col Reno. I paesi in cui il tabagismo è più diffuso sono la Grecia (con il 40% dei fumatori), la Bulgaria (36%), l'Austria e la Spagna (33%). Il paese con il minor numero di fumatori in Europa è la Svezia (13%), in cui la normativa non è particolarmente rigorosa.

ma ... le tasse sul tabacco funzionanoMa, concludere che la normativa non ha effetto sul consumo, non è proprio esatto. Un ruolo importante, in aggiunta ai divieti, lo svolge il peso delle tasse. E’ evidente in Spagna, dove la tassazione è piuttosto bassa e dove i fumatori rappresentano un terzo della popolazione, mentre in Italia - dove la tassazione del tabacco è più onerosa - sono solo il 24%. L'Italia è anche il paese europeo in cui il tasso dei fumatori è diminuito di più in sei anni, con un calo di sette punti. Viceversa, in Austria che è molto permissiva nei divieti e dove le tasse sono piuttosto moderate, si è visto che la percentuale di fumatori è aumentata due punti dal 2006.

mercoledì 12 settembre 2012

L’Italia di Mario Monti sfida i luoghi comuni

L'Italie de Mario Monti défie les stéréotypes
di Pierre de Gasquet
Pubblicato in Francia il 3 settembre 2012
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero

All’inizio dell’estate, dopo Grecia e Spagna, anche l’Italia del “Professor” Monti sembrava sull’orlo di una crisi di nervi. Alla deriva nella recessione, invischiata nei propri problemi economici e di bilancio, con un debito pubblico che sfiora il 125% del PIL a fine 2012, l’Italia del dopo-Berlusconi ha rischiato a sua volta di arenarsi sulle rive devastate della zona euro. Colpita duramente dalla logica implacabile dello “spread”, il differenziale tra i tassi d’interesse tedeschi e italiani, che rincara il costo del credito. E tuttavia, anche se la fiducia degli investitori internazionali resta fragile, l’Italia di Mario Monti oggi lancia una sfida ai luoghi comuni.


“Abbiamo bisogno di una grande lezione di sincerità” ha dichiarato recentemente l’editorialista liberale Oscar Giannino. Nessuno lo mette in dubbio. Il guaio è che la sincerità non è mai stata il forte della classe politica italiana, almeno fino a poco tempo fa. La folle scommessa di Mario Monti consiste nel giocare questa carta in un periodo di profondo disordine. Come un Raymond Barre post-moderno, che non ha rivali nella sua politica di rigore, Monti è senza dubbio l’unico che può provarci. In quest’autunno ad alto rischio per la zona euro, egli è il simbolo di una forma di sobrietà riparatrice agli antipodi rispetto al populismo trionfante del suo predecessore.
Malgrado un tasso di disoccupazione tra i più alti dal 2004 (10,8%), un PIL in calo del 2,5% rispetto al secondo trimestre dello scorso anno e una sensibile riduzione dei consumi, l’ex Commissario europeo alla Concorrenza non ha esitato a imporre ai suoi concittadini una cura di austerità senza precedenti, basata su riforme strutturali e relativa solidità del sistema bancario italiano, al fine di rassicurare i mercati finanziari. Da tempo considerato un “tecnico puro”, Monti si è anche rivelato abile diplomatico mettendo in guardia la Germania contro la “disgregazione psicologica dell’Europa”, spingendo i suoi alleati della zona euro a superare le vecchie influenze dei parlamenti nazionali. La sua opportunità storica consiste nel creare un netto distacco da un decennio di deriva berlusconiana, che ha contribuito enormemente a danneggiare la credibilità di una classe politica italiana infognata nei suoi preziosismi e nelle sue dispute da parrocchia.


“Ci stiamo avvicinando alla fine della crisi, vediamo già la luce in fondo al tunnel” ha promesso Mario Monti al congresso annuale del movimento cattolico Comunione e Liberazione alla fine di agosto. A meno di un anno dalle elezioni legislative del 2013, alcuni lo considerano già un “novello De Gasperi”, uno dei padri fondatori dell’Europa e grande difensore dello spirito di riconciliazione. Il suo piano per rilanciare lo sviluppo e rimettere l’Italia in carreggiata dipende in gran parte dalla sua capacità di convincere i suoi alleati europei. Indubbiamente obiettivi ambiziosi, quelli del piano Monti, che però appare ancora vago sui mezzi che intende utilizzare per portarli a termine entro il 2013. Secondo il ministro dell’economia Vittorio Grilli, l’assoluta priorità rimane quella di ridurre in cinque anni il livello del debito pubblico italiano dal 123% al 100% del PIL, cioè una riduzione di 4 punti all’anno circa. Oltre alle misure strutturali, il piano Monti prevede l’attuazione, a partire dai prossimi mesi, di un programma di cessione di partecipazioni statali (su immobili e titoli di stato) con l’eccezione dei “pezzi grossi nazionali” ENI, Enel e Finmeccanica.
Di pari passo il governo italiano intende intensificare gli sforzi nella lotta all’evasione fiscale, moltiplicando i controlli e dando la caccia alle “cattive abitudini” che hanno pesato grandemente sul deficit statale. Il governo punta anche su una riduzione “strutturale” della spesa pubblica grazie a una “ridefinizione globale dell’assetto della pubblica amministrazione”. Da questo mese le parti sociali dovranno prendere in considerazione un piano di riduzione di 24 000 posti di lavoro nel settore pubblico, uno sforzo relativamente modesto se confrontato con i 3,3 milioni di funzionari statali della Penisola.



Per la classe media italiana la medicina è già sufficientemente amara. E non è detto che restituirà fiducia duratura agli investitori internazionali che hanno già enormemente ridotto i loro acquisti dei titoli di stato italiani. Sicuramente l’Italia non ha conosciuto l’impatto disastroso della bolla immobiliare spagnola, e la situazione delle finanze pubbliche qui è meno preoccupante, con un disavanzo primario (esclusi gli interessi) decisamente più basso degli altri Paesi del sud Europa. Ma, come fanno notare alcuni economisti, il crollo del PIL italiano nel terzo trimestre (-0,7% rispetto al trimestre precedente) è molto più evidente di quello spagnolo (+0,4%). E la riduzione dei consumi interni, il calo dell’8% della produzione industriale in un anno e l’alto tasso di mortalità delle aziende (20%) restano comunque segnali inquietanti. Secondo l’economista Francesco Boccia, il rischio è che il piano Grilli si riveli alla fine soltanto un “piano Tremonti bis”, e che non riesca a risolvere la questione cruciale della riforma fiscale e della ridistribuzione dei redditi.
“L’Italia è tra i Paesi più virtuosi del mondo e dell’Europa, e non ha affatto bisogno di aiuto per ridurre il suo deficit” ha assicurato recentemente il Ministro per l’Economia Vittorio Grilli. Avrebbe solo bisogno di “un po’ di tranquillità da parte dei mercati finanziari”. La difficoltà per Mario Monti, che farà di tutto per evitare un altro referendum sull’Europa voluto dalla lega Nord e da una fetta della sinistra italiana, resta ancora quella di rafforzare la fiducia dei Paesi esteri senza alienarsi quella dei suoi concittadini, finora poco abituati allo spirito di sacrificio. Non è una vittoria scontata.


giovedì 6 settembre 2012

Il dopo Monti

L'après-Monti

di Marcelle Padovani
Pubblicato in Francia il 28 agosto 2012
Tradotto da Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero



“Super Mario” è riuscito a riportare credibilità economica e politica alla Penisola, ma oggi si ritrova più debole.
E’ iniziato il dopo Monti, anche se “Super Mario” è ormai quasi sicuro di arrivare al termine “naturale” di questa legislatura, nella primavera del 2013, visto che la “strana maggioranza” [in italiano nel testo, N.d.T.] che lo appoggia dal novembre 2012 ormai è agli sgoccioli. E questo nonostante il fatto che l’Italia, grazie ai sacrifici accettati dai suoi cittadini, sembri sul punto di uscire dai tempi bui: il mese d’agosto si è concluso senza che il maledetto “spread” tra i buoni del tesoro italiani e tedeschi abbia raggiunto livelli stratosferici, che avrebbero rischiato di trascinare il paese in una situazione “greca” o anche soltanto “spagnola”.
Lo “spread” estivo ha superato solo in qualche raro caso i 430 punti. Quindi possiamo affermare che la credibilità italiana sui mercati finanziari e sulle piazze politiche, in Europa e nelle Americhe, è certamente aumentata di molto grazie a “Super Mario”, alle sue relazioni internazionali, alla sua personalità del tutto in antitesi a quella del “buffone” Berlusconi, che faceva ridere i ministri di tutto il mondo.


Berlusconi a  Miss Italia
DisaccordiIl dopo Monti è iniziato quando il prestigioso “Professore” della Bocconi non è più riuscito a mettere d’accordo i berlusconiani, i centristi e la sinistra, per esempio al momento di votare la legge anti-corruzione e la nuova legge elettorale. La legge anti-corruzione è ostacolata dal rifiuto degli eredi di Berlusconi di dare il proprio assenso a misure atte a rendere più trasparenti le operazioni finanziarie, e al mancato accordo con le altre forze politiche sulla moneta di scambio che i berlusconiani propongno per votare la legge: un blocco quasi totale delle intercettazioni telefoniche e l’introduzione della responsabilità penale dei magistrati.
Misure che né la destra né il centro possono accettare. Sulla legge elettorale che dovrebbe superare le assurdità del regime in vigore (che assegna più del 50% dei seggi alla coalizione partitica vincente anche nel caso in cui ottenesse solo il 20% dei voti complessivi), l’ostacolo consiste nel rifiuto dei berlusconiani di riconoscere il 15% dei seggi supplementari al partito che ottiene più voti: allo stato attuale delle cose e secondo i recenti sondaggi, questa misura favorirebbe il Partito Democratico, permettendogli senza dubbio di salire al governo.


“Ritorna Silvio”Quindi l’Italia è già immersa nel clima elettorale, con largo anticipo rispetto alle scadenze, mentre i candidati ufficiali alla carica di Primo Ministro non sono ancora stati designati. Né a destra né a sinistra. A sinistra si attende l’esito delle primarie, in cui si affronteranno i candidati: si sa già che il segretario generale del PD Pierluigi Bersani sarà il candidato naturale della sinistra, mentre lo sfidante Matteo Renzi, sindaco di Firenze, lo sfiderà sul tema del “ricambio generazionale”. Bersani ha 57 anni, Renzi 40 e non ha ancora rivestito funzioni di rilievo nel partito. E’ questo il principale vantaggio della sua candidatura. Renzi si prepara a fare il tour delle 108 provincie italiane su un camper, per fare campagna elettorale.
A destra non c’è ancora chiarezza sulla discesa o meno di Silvio Berlusconi in campo. Spuntano strani movimenti o organizzazioni che reclamano a gran voce il ritorno del Cavaliere. Anche in spiaggia a Rimini le vacanze degli italiani sono state disturbate da volantini fatti piovere dal cielo, su cui era scritto: “Torna Silvio” [in italiano nel testo, N.d.T.]. Ma al momento i sondaggi danno risultati piuttosto catastrofici se Sua Emittenza ritornasse in campo, tanto che l’annuncio di una sua eventuale candidatura è stato rinviato sine die.

Berlusconi può essere felice. Riparte la stagione dei topless!

Un matrimonio con una signora rispettabile?Sappiamo che Berlusconi si sta preparando nella sua villa in Sardegna, fa jogging per perdere quella dozzina di chili che ha messo su dopo le sue dimissioni dello scorso 12 novembre. Sappiamo anche che farà una crociera elettorale gettando l’ancora nei grandi porti della Penisola. I suoi fans sostengono anche che, per sembrare più credibile sulla scena politica, meno segnato da storie di minorenni e giovani prostitute, abbia in mente di annunciare un matrimonio o un fidanzamento ufficiale con una signora rispettabile.
In ogni caso, questi preparativi e queste incertezze confermano la precaria situazione di Mario Monti, che ha dato inizio al suo tour europeo alla ricerca della sua ultima possibilità, partendo da Angela Merkel e François Hollande, che verrà a Roma il 4 settembre. Negli ambienti a lui vicini, girano voci preoccupate sulla recente riconciliazione franco-tedesca e sulla creazione di un “gruppo di lavoro” destinato a superare la crisi politica europea. L’esecutivo italiano, che aveva puntato tutto sul nuovo presidente francese, si chiede se il peso del passato e della storia non possano portare alla ricostruzione del vecchio fronte dell’”Europa del Nord “. Con, in prospettiva, un Italia che paga a caro prezzo questa situazione.
 "Baciamo le mani" di Bruno Vespa a Berlusconi

lunedì 3 settembre 2012

In Italia una prestigiosa biblioteca chiude per mancanza di fondi

Italie: disparition d'une prestigieuse bibliothèque philosophique pour cause de crise

Pubblicato in Francia il 23 agosto 2012
Tradotto da Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero
Pubblicato anche su Scoop.it



A Napoli, una prestigiosa biblioteca che raccoglie opere filosofiche provenienti da tutta Europa è stata chiusa, come ha annunciato il suo fondatore giovedì scorso all’AFP, a causa dei tagli alle risorse destinate alla cultura legati alla crisi in Italia. I 300 000 volumi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, tra cui alcune edizioni originali delle opere dei grandi pensatori Benedetto Croce e Giordano Bruno, nati nel napoletano, stanno per essere trasferite in un magazzino. L’Istituto non è più in grado di sostenere le spese d’affitto dei locali dove le opere erano esposte e messe a disposizione dei ricercatori universitari.
Gerardo Marotta, 85 anni, fondatore della biblioteca e lui stesso filosofo, in gioventù ha collaborato con Croce e ha iniziato a collezionare libri negli anni ’50 durante i suoi viaggi in Europa. La chiusura della biblioteca secondo lui è il sintomo di un declino generalizzato degli studi filosofici e della cultura in Europa. “Era la più bella biblioteca privata d’Europa, a cui ci siamo dedicati per più di 40 anni” ha spiegato Marotta, sottolineando che l’unica istituzione paragonabile in Europa è il Warburg Institute a Londra.



Secondo Marotta, il Ministero dell’Istruzione nel 2010 ha revocato completamente una sovvenzione che all’epoca era di 3 milioni di euro annui. Nonostante ripetute richieste di sostegno, “il governo (attuale) ha completamente ignorato il nostro progetto” ha dichiarato con rammarico Marotta. Un progetto che prevede la dislocazione dell’Istituto e delle sue preziose opere in un edificio acquistato dalla Regione giace in attesa di esame a causa di cavilli giudiziari. Nell’ultimo periodo, Marotta ha venduto tutti i suoi averi e ha anche contratto alcuni mutui per pagare l’affitto di tutti e 14 i locali che ospitano i 300 000 volumi.
“Per non farli finire per strada li stiamo trasferendo tutti in un magazzino fuori città” ha spiegato Antonio Gargano, segretario generale dell’Istituto. Un barlume di speranza arriva dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, colpito da questa situazione. “Creare una biblioteca che possa accogliere i preziosi volumi dell’Istituto deve essere una priorità non soltanto a livello locale ma nazionale, poiché questa rappresenta una parte del nostro patrimonio culturale e storico” ha dichiarato.