giovedì 3 maggio 2012

In Italia i partiti si danno alla pazza gioia

En Italie, les partis mènent grand train

di Richard Heuzé
Pubblicato in Francia il 20 aprile
Traduzione di Claudia Marruccelli per Italia Dall'Estero
                                 

Gli italiani tirano la cinghia, ma i partiti continuano a ricevere dallo stato somme da capogiro.
        
La politica vive di corruzione. Non solo degli scandali che periodicamente riempiono le cronache. Ma anche dei finanziamenti pubblici ai partiti che aumentano - paradossalmente - dopo ogni nuovo caso. Dal 0,35 euro annuo per elettore, il "rimborso" dello stato per le  "spese elettorali" è aumentato a 4 euro durante le ultime elezioni legislative del 2008 e potrebbe presto raggiungere quasi i 6 euro. Lo Stato annualmente sovvenziona così per diversi milioni di euro i partiti, una follia vera e propria in tempi di austerità.


"E dire che ci troviamo oggi nella stessa situazione nel 1974!" esclama Sergio Rizzo, guardando nei registri della Corte dei Conti. Il giornalista del Corriere della Sera è uno dei principali esperti italiani sul finanziamento dei partiti. I suoi libri sono diventati best-sellers, senza mezzi termini ha denunciato gli eccessi della "casta", un nome che è stato dato a quel nucleo di persone che governa il paese. La sede del Corriere si trova nel cuore di Roma, all’interno di  palazzo Napoleone, all'angolo tra Via del Corso e Piazza Venezia. Le finestre dell'ufficio di Rizzo si estendono sulla struttura a reticolo da cui Maria Letizia, madre dell'imperatore, osservava senza essere vista la gente passeggiare per la strada romana.

L'anno 1974 segna una svolta. Su iniziativa del democristiano Flavio Piccoli e dopo due scandali per finanziamento occulto di forze politiche da parte di gruppi industriali, il Parlamento ha approvato la prima legge sul finanziamento pubblico dei partiti. E’ fatto loro divieto di  ricevere contributi pubblici diversi dal  rimborso delle spese elettorali. Essi sono obbligati, pena sanzioni giudiziarie, a rendere pubbliche le donazioni che ricevono dai privati, se sono al di sopra di un importo modesto.


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"Mani Pulite" è durata poco
Dal 1981, i primi cambiamenti si verificano in seguito allo scandalo Caltagirone (bustarelle di un grande costruttore): l'importo del finanziamento pubblico è raddoppiato e i partiti sono nuovamente autorizzati a ricevere finanziamenti pubblici. I loro conti non hanno alcun obbligo di controllo.

Nell’aprile 1993, inizia la battaglia. Su iniziativa dei radicali, guidati da Marco Pannella e Emma Bonino, con un referendum si mette fine al finanziamento dei partiti. Sull’onda di "Mani Pulite" il 90,3% degli italiani approva l'abrogazione. Eppure non ci vuole molto tempo, otto mesi, che il Parlamento nel mese di dicembre, correggerà il tiro, consentendo ai contribuenti di versare lo 0,4% del proprio reddito ad un partito politico, con un discreto beneficio fiscale. Il totale di queste donazioni ai partiti politici è inizialmente limitato a 56 milioni poi diventeranno 82 milioni. Nel 1997, il legislatore richiede ai partiti di emettere un bilancio, ma la Corte dei Conti può solo verificare l'esattezza delle spese elettorali.

Quanto costa la politica al contribuente

Due anni più tardi, la legge 157 crea cinque fondi, alimentati da denaro pubblico, per pagare le spese sostenute dai partiti per i referendum legislativi, senatoriali, europei o regionali. Nel 2006, il legislatore è andato anche oltre: questi rimborsi, limitati a 193 milioni di euro e versati in rate annuali, sono dovuti ai partiti, anche se le elezioni anticipate interrompono la legislatura. Questo è stato il caso nel 2008. I partiti hanno continuato a raccogliere i soldi spettanti per la precedente legislatura e che sono stati cumulati con quelli ottenuti dopo le elezioni del 2008.

I partiti minori che, anche se non hanno superato la soglia del 4% per entrare in parlamento, hanno raccolto l'1% dei voti, hanno anche questi diritto ad un "rimborso elettorale". Così la formazione dell’ estrema destra, con una percentuale di voti pari al 2%, aveva il diritto nel 2008 a 6.2 milioni di euro, mentre la sua campagna elettorale era costata solo 2,5 milioni. La Corte dei Conti non può che essere perplessa. Per i suoi giudici, è difficile parlare di "rimborsi", quando le somme versate dallo Stato sono tre volte superiori rispetto agli importi effettivamente sostenuti dai partiti per la propria campagna elettorale. Alle legislative del 2008, che hanno visto il ritorno di Berlusconi al potere, tutti i partiti hanno investito 136 milioni di euro in spese elettorali, ma hanno incassato 503 milioni. "Ovvero un guadagno del 270%", osserva Sergio Rizzo.

Sovvenzioni ai partiti in Europa
 Nessuno partito fa eccezione
Nel corso degli anni, questi rimborsi sono aumentati sempre più. A ciascun partito toccavano  0,35 euro per elettore e per anno nel 1973. Poi, si è passati ad un euro nel 2001, 2,47 nel 2006 e 4 euro due anni dopo. A questo dobbiamo aggiungere i contributi pubblici ai giornali di partito: 4 milioni di euro nel 2008 a La Padania, il giornale della Lega Nord. Quasi altrettanto per il quotidiano comunista Liberazione. Più di 6,37 milioni per l’ Unità, legato al Partito Democratico, ecc. "Come moltiplicare per 11 il proprio capitale in cinque anni senza correre alcun rischio?

Chiedetelo alla Lega Nord ", aggiunge Sergio Rizzo. Nel 2008, il partito autonomista e xenofobo ha speso 3,746 milioni dper le elezioni e ha incassato 41,384 milioni dello Stato, con un incremento del 218% ... per anno. A quanto pare questo non gli è bastato, come evidenziato dai gravi scandali che hanno costretto il suo carismatico leader Umberto Bossi a dimettersi.
Nessuno dei partiti fa eccezione, anche quelli che si proclamano i più virtuosi e si battono per la moralizzazione della vita pubblica. L'Italia dei Valori (IDV), dell’ex giudice Antonio di Pietro, ha incassato nell'ultima legislatura 21,6 milioni di euro (in cinque anni) rispetto ai 4,4 milioni effettivamente spesi. Il PDL di Silvio Berlusconi, 206,5 milioni per 68,5 milioni di spese. Il Partito Democratico, unica squadra a presentare bilanci "certificati", 180,2 milioni per 18,4 milioni di spese elettorali. Non c'è da stupirsi che alla soglia di una riforma di importanza cruciale per le finanze del paese, le forze politiche sono riluttanti e si mostrano quanto meno prudenti.
I tre principali inquisiti di truffa e peculato della lega Nord: Belsito, Renzo Bossi e Rosy Mauro

 

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